ARTICOLO SU INFOANS.ORG

1620417_10203334081338741_1744216160_nAppena poche settimane fa don Giampiero de Nardi era ancora in Italia, nella terra dov’è nato e ha svolto le prime attività come salesiano. Domenica 25 settembre ha preso il Crocifisso Missionario nella Basilica di Maria Ausiliatrice di Torino ed ora è già in missione in Guatemala, nella capitale, dalla quale invia una testimonianza sui suoi primi giorni da missionario.

“In questi giorni stiamo parlando molto della futura missione. Il progetto prende sempre più corpo ed appare molto interessante” racconta. “Inizieremo occupandoci di una parrocchia della città di San Benito, che ci garantirà un posto fisso per l’inizio, la possibilità di conoscere e di farci conoscere dalla gente”.

Importante, soprattutto all’inizio, è la fiducia e l’accompagnamento della comunità e della Chiesa locale, che per fortuna non mancano: “Saremo addirittura in 4, perché l’Ispettore del Guatemala manderà un confratello dell’Ispettoria come Direttore della casa; (…) la missione si costruirà su dei terreni che mons. Fiandri, il vescovo (salesiano, ndr) ha comprato fuori città. (…) Vuole che ci occupiamo dei giovani e che li educhiamo per farli uscire da certi circuiti. È convinto, e del resto è il segreto di Don Bosco, che con una corretta educazione si possa costituire una società diversa e migliore”.

La condizione della popolazione guatemalteca non è semplice: fattori come la violenza e l’insicurezza, la corruzione, la povertà, i bassi livelli di tassazione e la bassa inclusione politica gli hanno assegnato per Indice di Sviluppo Democratico nell’America Latina nel 2011 (dati della Fondazione Adenauer). Altri problemi importanti sono il debito pubblico, che affligge il paese, e il traffico e consumo di droga.

Eppure, nota don de Nardi “la gente è sempre sorridente e sempre accogliente e la vedo sempre pronta a fare e a non arrendersi. Non si percepisce lo scoraggiamento che potrebbe essere logico; e poi è un popolo molto religioso”.

Anche se partito da poco, don de Nardi ha già imparato una lezione importante per ogni missionario: “Quello che sto provando in questi giorni, è un’esperienza molto profonda di affidamento a Dio. Mi sento come gli Israeliti che quando entrarono nella terra promessa: la descrissero come una terra dove scorre latte miele, ma nella realtà era una terra desertica… Era uno sguardo di fede su quella realtà. (…) Anche qui ci sono problemi, ma vedo tutti affrontarli con il sorriso certi di lavorare nella vigna del Signore e con quell’ottimismo che distingue coloro che sanno che non dipende tutto da loro”.