Articolo su LA STAMPA

Partita la spedizione: “Il messaggio di Don Bosco è vincente”

downloadA Maria Ausiliatrice, ieri mattina, si è ripetuto il rito della consegna del crocifisso ai missionari salesiani in partenza: 74 religiosi e laici hanno ricevuto il mandato dal rettore maggiore don Pascual Chavez Villanueva, l’avvio della 142ª spedizione missionaria salesiana.

Tante le storie personali riunite nella casa madre della congregazione fondata da Don Bosco, tante e diverse le destinazioni. Il quadro della presenza missionaria salesiana nel mondo è sempre più multiforme: nascono nuove missioni, se ne consolidano altre e «diventa sempre più numeroso il gruppo destinato alla nuova evangelizzazione del continente europeo per il quale è stato avviato nel 2009 il Progetto Europa», spiega don Václav Clement, consigliere generale per le Missioni Salesiane.

Ed evangelizzare i ragazzi europei sarà l’esperienza di don Pedro Ayala, giovane sacerdote salesiano messicano: il rettor maggiore lo ha destinato alla Don Bosco Haus di Amsterdam, dove collaborerà nella formazione di volontari e nel servizio ai giovani in situazioni di pericolo.

E se dall’America Latina si viene in Europa, dal Vietnam si parte per il Bangladesh: Joseph Cosma Dang The Lam andrà ad Utrail, dove i salesiani operano da 2 anni. «Il Bangladesh è una nuova terra di missione – spiega Joseph, 29 anni -, abbiamo molto da fare. Ho cercato di studiare un po’ la cultura islamica e mi sono informato sul paese attraverso internet».

Suor Nazarena Sabatino, di San Donà del Piave, ha trascorso gran parte della sua vita negli oratori del Veneto con i giovani. «Ho sempre avuto in me la vocazione missionaria. La realizzo ora, a 53 anni: partirò con un gruppo di neo-missionarie». Suor Nazarena conoscerà in dicembre il paese poverissimo al quale la madre generale la destinerà. Don Giampiero De Nardi, 34 anni, di Roma, invece, sa già che avrà il compito, con altri due salesiani, di fondare una missione in Guatemala: «Saremo in una zona dove imperversano i narcotrafficanti, le organizzazioni paramilitari. Cercheremo di costruire una scuola e un ospedale. Lì un bambino viene lasciato morire se la famiglia non può pagare». Don Giampiero è figlio di due missionari che si erano conosciuti nella Foresta Amazzonica.

Renata Covito, 54 anni, italo-argentina, insegnante, fa parte della Comunità delle Missioni di Don Bosco. La sua vocazione risale all’infanzia, quando in Argentina aveva osservato da vicino la drammatica realtà della povertà, e si è già concretizzata con due anni in Brasile e altre esperienze. «Dovremo aprire ad Haiti – racconta – una casa di accoglienza diurna per bambine».

Roberto Lionelli, coadiutore salesiano, lascia l’oratorio di Arezzo per andare ad insegnare educazione fisica in una scuola di Maruba, Tunisia, di cui sarà anche economo. «È una scuola elementare affidata ai salesiani dal governo, che ha molta ammirazione per l’opera di Don Bosco. Ma che ci chiede anche di non evangelizzare». Roberto va al posto di un altro salesiano che nel febbraio scorso è stato ucciso. «Se posso, chiederei – dice con un sorriso – una preghiera particolare. Un po’ di paura c’è».