Hasta pronto Honduras (a presto Honduras),

225033_4558700531528_1167926794_nLe uniche parole che mi vengono in mente sono queste. L’Honduras e la parrocchia Maria Ausiliatrice mi hanno rubato il cuore, per la spontaneità e la semplicità della gente. È bastato solo un anno per creare affetti e amicizie profonde. Un affetto immeritato. Tutti hanno voluto festeggiarmi, salutarmi, regalarmi qualcosa perché io mi potessi ricordare di loro, come se fosse possibile scordarmi di un anno meraviglioso come questo. Tutti volevano farsi foto con me, neanche fossi una star per avere un ricordo di me. È bello l’amore che la gente prova per un sacerdote.

La gente ha anche voluto dirmi grazie e non solo con regali, ma soprattutto ringraziandomi personalmente di quello che avevo fatto per loro.  Tra le tante cose che mi hanno detto, mi ha colpito la testimonianza di una ragazza che mi ha detto: “Padre, quando venivo a messa, la cosa che più mi dava piacere, era che tu venivi là e mi abbracciavi.  A casa, i miei genitori non mi abbracciano mai”. Triste realtà, dove, in una cultura “caliente”, i genitori hanno difficoltà ad esprimere con gesti concreti il calore e l’affetto; ed un gesto molto semplice come un sorriso (qui mi chiamano il prete che sorride) e un abbraccio può valere molto per una persona. Anche, un’altra signora, mi ha detto lo stesso: “ Padre, tu mi sgridavi continuamente, praticamente tutte le volte che venivi, ma dopo mi abbracciavi e sentivo che in quel momento era il Signore stesso che mi dava quell’abbraccio”. Questa signora è stata abbandonata dal marito, che oltre che a educare i suoi figli, sta educando il figlio di una vicina di casa che se ne è andata via abbandonandole il figlio (che è diventata la mia mascotte, è uguale a me da piccolo, un piccolo terremoto che non riesce a stare fermo un attimo, ed un bellissimo angioletto quando serve all’altare).

Io li devo ringraziare non solo per la pazienza che hanno avuto con il mio spagnolo maccheronico. Una vecchietta una volta mi fece ridere, erano passati quattro mesi da quando stavo in Honduras. Si avvicina a me dopo la messa e mi dice: “Padre, finalmente oggi ho capito quello che ha detto nell’omelia, complimenti”. Dentro di me volevo sotterrarmi, poi, però ho pensato, che fede questa donna, se fossi stato io al suo posto dopo la seconda messa che non capivo niente me ne sarei andato da un’altra parte.  Ma soprattutto per la semplicità che hanno avuto nell’accogliermi e nel farmi sentire davvero parte della loro famiglia.

Il regalo più bello tra tutti, me l’ha fatto una vecchietta. Mi ha regalato una busta di plastica con dentro alcune mele. Mi ha ricordato l’obolo della vedova che getta nel tesoro pochi spiccioli, e che il Signore mostra ai suoi discepoli come esempio. Unico regalo che poteva farmi, ma fatto con il cuore e con tanto amore.

Gli ultimi giorni nella parrocchia sono stati intensissimi. Ritiro per la comunione (210 bambini), confessioni per l’avvento e le cresime.

È venuto il vescovo a celebrare le cresime (qui non è scontato, a volte è il parroco a cresimare la gente), ha parlato ai ragazzi della testimonianza. Li ha fatti alzare in piedi e gli ha fatto indicare con il dito le case della gente fuori della chiesa (che si vedono, visto che la nostra chiesa non ha vetri). Li ha detto di essereevangelizzatori e per esserlo devono farsi testimoni. Ha raccontato, poi, che nel sinodo dei vescovi, hanno parlato alcuni vescovi della loro esperienza personale di fede. Uno (ucraino)ha raccontato di essere stato in carcere sette anni, solo perché era stato ordinato prete e lo aveva dovuto fare in segreto. Un altro (nigeriano) ha raccontato di quando nella sua chiesa hanno gettato una granata ed hanno ammazzato 30 persone, e che lui aveva perso l’occhio.  C’è bisogno oggi più che mai di testimoni, di gente che si impegni per il Signore e che lo faccia non a parole ma con gesti concreti.

Inizia l’Avvento. Sappiamo tutti cos’è l’avvento: è il tempo che ci porta al Natale. La dimensione tipica dell’avvento è l’attesa. Ma molti di noi hanno le idee confuse sull’attesa. Molti confondono l’attesa con l’aspettativa.

L’aspettativa dice: “Mi aspetto che tu sia così… così… e così”. Cioè: io stabilisco come tu devi essere. L’aspettativa stabilisce un modello e ti dice: “Bravo”, se corrispondi a quel modello, oppure: “Mi hai deluso” se non corrispondi. La mia aspettativa è ciò che io voglio e desidero da te, ma non sei tu: non spetta a te soddisfare la mia aspettativa.

Che, se poi tu lo fai io ti dirò: “Tuo dovere”; non ne gioirò perché in fin dei conti me l’aspettavo, mi era dovuto, era ovvio che tu lo dovevi fare. Che, se invece tu non lo fai rimarrò molto deluso e ci starò molto male. Anzi me la prenderò con te e ti farò anche sentire un po’ in colpa perché non hai fatto come io desideravo.

Un uomo finisce prima al lavoro, corre in cartoleria, compra un biglietto di auguri, poi corre dal fioraio e compra un mazzo di rose rosse. Cerca un locale “carino”, lo prenota per la sera, scrive il biglietto, ci pensa su un po’, ci mette una ventina di minuti perché scrive delle cose sentite, vere e profonde. Poi arriva a casa, tutto felice, entusiasta, apre la porta e dice a sua moglie: “Tanti auguri per il nostro anniversario di matrimonio”. E lei: “Ah ecco, pensavo che te ne fossi dimenticato! Dai va a farti la doccia che la cena è pronta… e sbrigati!”. Lui rimane con le rose in mano, l’invito a cena… senza parole… distrutto. E perché? Perché lei questo si aspettava, per cui quello che lui ha fatto, per lei, era semplicemente normale, ovvio.  Felice avvento di attesa

Per me sarà un tempo di attesa particolare, perché inizio una nuova avventura nelle mani del Signore…

vi mando un grosso abbraccio

P.S. nella casa famiglia dei miei genitori, stanno organizzando una raccolta di fondi per il Peten. Venderanno vetri di murano gentilmente donati. Vi informerò più precisamente in una prossima mail!!!