Intervista all’animazione missionaria dell’ICC

Si trova in Italia Don Giampiero De Nardi, cresciuto salesianamente nella nostra Circoscrizione e attualmente missionario a San Benito Peten in Guatemala. Volentieri ha rilasciato una intervista, così da condividere con noi la sua esperienza.

Innanzi tutto racconta qualcosa sul contesto nel quale ti trovi a vivere.

La regione in cui opera la parrocchia è rimasta molto abbandonata, la maggior parte della regione è priva di strade di comunicazione praticabili. I giovani e non giovani conoscono il grande esodo verso la capitale per accedere agli studi superiori e all’università e/o in cerca di lavoro. Molti scappano per gli Stati Uniti in cerca di fortuna, rischiando la vita nella traversata o di essere presi dalla polizia e rimandati in patria. I poveri hanno poco accesso ai servizi di base come igiene, sanità, acqua, elettricità, e scuole che preparino professionalmente. L’alimentazione è molto povera e poco variegata (fondamentalmente riso, faggioli e tortillas di mais), ma non tutti hanno il sufficiente. La gente vive perlopiù di commercio e di agricoltura, ma fatta in forma molto rudimentale.

Il traffico di droga sta crescendo esponenzialmente e ha raggiunto livelli preoccupanti. Esistono zone della regione completamente in mano ai narcotrafficanti.

Un problema che è al tempo stesso una risposta alla povertà è l’emigrazione verso gli Stati Uniti. Questo fenomeno è complesso e influenza la realtà familiare e sociale, perché porta le persone alla separazione temporanea o permanente dai propri cari, il contatto con altre esperienze culturali, con i nuovi valori e stili di vita. Non poche volte chi va a vivere negli Stati Uniti, si crea un’altra famiglia, creando disintegrazione nella famiglia di origine. Petén è, anche un importante, nodo di transito di molti migranti provenienti da tutto il Centro America.

A causa della povertà d’acqua potabile e della povertà in genere delle famiglie prive di strutture necessarie d’igiene e di sanità, molte sono le malattie : tubercolosi, tifo, malaria, infezioni di ogni genere, vermi e diarree, malattie della pelle molto infettive, e la più pericolosa, che provoca spesso la morte è il dengue; problemi di salute mentale come la depressione; problemi respiratori: raffreddore, faringiti e laringiti e bronchiti che sono spesso complesse, in alcuni casi essere fatale in particolare i più vulnerabili (compresi i bambini e gli anziani); problemi digestivi di sistema: gastrite, colite nervosa, parassiti intestinali diarrea principalmente associati (amebe) condizionato dalle cattive condizioni di igiene e di servizi igienico-sanitari nel vivere la maggior parte degli abitanti della zona; problemi di salute riproduttiva: Aids (causato dall’alta infedelta… un uomo può andare via di casa anche mesi e poi ritornare come se niente fosse… a volte hanno più di una famiglia), gravidanze precoci (soprattutto tra gli indigeni… anche 12 anni), gravidanze ad alto rischio che non sono tempestivamente ed efficacemente controllate, dovute ad una mancanza di accesso tempestivo all’istruzione e altre strategie di prevenzione; elevata incidenza delle malattie prevalenti nei bambini: condizionate dal poco o nessun accesso ai programmi di prevenzione e la mancanza di strategie di sicurezza alimentare.

La parrocchia è di 60.000 abitanti (le stime dicono 70.000 ma io credo siano un pochino di meno) con 27 quartieri. In ognuno dei quartieri è presente una comunità locale organizzata che svolge le attività all’interno del quartiere. La parrocchia ha 9 cappelle che sono il punto di riferimento per le varie comunità locali dei quartieri adiacenti, e tre villaggi. La parrocchia è stata recentemente affidata ai salesiani, dopo che il vicariato è stato interamente affidato ai salesiani, con lo scopo di promuovere le attività giovanili per tutta la regione e principalmente per l’area centrale che è la più densamente popolata.

Cominciando a dire qualcosa sulla tua esperienza missionaria, in una parola sola come la sintetizzeresti ?

Comunità. Una parola che può sembrare strana, per dei missionari, che a volte passano intere giornate senza neanche potersi vedere. Il bello dell’esperienza missionaria, ancor prima di essere una stupenda esperienza di servizio, che ti fa riscoprire il tuo consacrarti a Dio, è prima di tutto una forte esperienza di vita comunitaria. La comunità rappresenta davvero una necessità per il missionario. Il giorno della comunità è il giorno più atteso per stare con i tuoi fratelli, per condividere con loro quello che hai fatto, per sentire un parere, a volte una parola di conforto o di incoraggiamento. Non sempre si può essere presenti ai momenti comuni, ma si cerca di fare di tutto per essere presenti, ci si sforza per stare insieme. Tutto si porta avanti comunitariamente e quindi progettualmente, altrimenti non si potrebbe fare nulla.

Si pensa ordinariamente al missionario come a uno che va a dare. Tu probabilmente hai anche ricevuto?

Probabilmente potrei scrivere un libro su questo… provo a mettere le cose più importanti.

Serenità. È proprio vero che quando uno trova il suo posto, tutto quello che fa trovo il suo equilibrio, e la vocazione missionaria, è una vocazione all’interno di quella salesiana.

Fiducia in me stesso. Mi trovo a fare cose, che sono molto più grandi di me, con una tranquillità che a volte rasenta l’incoscienza.

Rinnovato rapporto con Dio. Dio parla continuamente in quei contesti. Parla nei volti della gente, nei bisogni che hanno. È li presente, non si può non vederlo. A volte uno si deve trovare davvero il tempo per pregare, deve strapparlo al sonno, o ad un attimo di riposo.

Da buon figlio di Don Bosco però hai qualche sogno e anche una buona dose di desideri…

Forse la domanda più difficile. Perché in realtà è la missione che sta dando molto a me, mi sta facendo maturare come uomo e come prete, mi sta facendo approfondire la mia esperienza di Dio. Quando sei lì, a volte dici, e che posso fare… a parte mettermi le mani nei capelli. Poi la gente ti fa capire, che è importante che stai lì con loro, che condividi con loro la vita e che il tuo sorriso li rincuora… Si credo sia questo che posso dare, un po’ di speranza, dove a volte non ce n’è… e portare Cristo che è l’unica vera speranza del mondo, è un dono grande

Ti senti un inviato della comunità e delle comunità che ti hanno dato Battesimo, vocazione salesiana , ordinazione sacerdotale ?

Certo. Mi sento fiero di essere stato inviato da un’ispettoria, prima la Romana, che mi ha dato il battesimo e poi la ICC, perché l’uomo che sono ora, lo devo alle comunità che mi hanno accompagnato, a volte sopportato (perché so di non essere un tipetto facile), voluto bene. Tra i confratelli ho molti amici, con i quali ci sentiamo ancora.