Intervista al Bolettino Salesiano

Don GIAMPIERO PARTE

“il mio cuore non ha confini”

1620417_10203334081338741_1744216160_nA “prendere il crocifisso”, simbolo della partenza per le missioni, il 25 settembre, nella Basilica di Maria Ausiliatrice, c’era anche don Giampiero De Nardi, unico italiano, per continuare l’avventura nata nel cuore di don Bosco.

Che cosa significa per te questa volta “partire”?

Ascoltare quello che Dio vuole ancora una volta e fidarsi di Lui. Parto, perché sento che Dio vuole da me qualcosa di più. Dove mi trovo sto veramente bene.

Attualmente qual è il tuo compito?

Attualmente sono l’animatore del Centro di Formazione Professionale del Borgo Ragazzi don Bosco a Roma. Un’esperienza che mi ha fatto maturare e crescere tantissimo come prete e come salesiano.

Come hai sentito la vocazione? Perché hai preso questa decisione?

Ho sempre desiderato partire missionario. I miei genitori sono stati in missione due anni in Ecuador, tra i Jivaro, i tagliatori di teste. Si sono conosciuti proprio là. Tornati in Italia si sono sposati e stavano per ripartire, quando alla mia mamma hanno riscontrato una malattia e non le hanno concesso il visto. Così hanno deciso di costruire una casa famiglia per accogliere all’interno della loro famiglia chi non l’aveva. Nella casa famiglia anche grazie all’esempio di tanti salesiani (per me soprattutto don Alfonso Alfano che mi ha seguito spiritualmente fin da piccolo) che hanno lavorato per essa, ho capito che il Signore mi chiamava ad essere salesiano e prete.

Che cosa ne pensa la tua famiglia?

Sono molto felici. Quando gliel’ho detto, mi hanno guardato e mi hanno detto: “Abbiamo fatto lo stesso anche noi”. Certo un po’ di preoccupazione ce l’hanno, ma penso sia naturale.

Chi per primo ti ha raccontato la storia di Gesù?

Sono stati i miei genitori, ma più che a parole hanno cercato di farmelo conoscere con l’esempio.

Quali sono i momenti più belli in famiglia che ricordi?

Tantissimi. Sicuramente siamo una famiglia molto unita. Sono molto legato all’esempio che i miei genitori mi hanno dato di vivere un cristianesimo autentico ed impegnato privo di ipocrisie, capace di fare grandi rinunce pur di impegnarsi per costruire un mondo migliore. Quando hanno cominciato la casa famiglia, io avevo cinque anni. Non avevamo nulla, né energia elettrica, né riscaldamento, però eravamo felici.

Sentirai la nostalgia? Di che cosa soprattutto? Quale rinuncia ti pesa di più?

So che cambierà totalmente la mia vita. Ma una cosa ho imparato, ed è di fidarmi di quello che Dio vuole da me e che se ti fidi, non hai nostalgia o non ti peserà nessuna rinuncia.

Quale sarà la tua destinazione?

Parto per il Guatemala, precisamente per El Peten. Andremo in tre ad aprire una missione, nel vicariato apostolico di monsignor Fiandri, un bravo vescovo salesiano.

Quali difficoltà ti aspetti di dover affrontare? Come ti sei preparato?

Non ho voluto sapere molto su cosa andavo ad affrontare per paura di venire con precomprensioni. Voglio andare lì e rendermi conto di cosa succede e di cosa c’è bisogno. Sono convinto che il Signore provvederà a tutto.

C’è molto coraggio in questa tua scelta. Dove lo attingi?

Non mi sento particolarmente coraggioso. Credo che se trovi il posto giusto che il Signore ha pensato per te, nulla è difficoltoso.

Vale la pena dedicare la vita agli altri in questo modo così radicale?

Vale sempre la pensa dedicare la vita per gli altri perché è ciò per cui siamo fatti. Poi, è una questione di giustizia dare a chi dalla vita ha avuto di meno. Dove vado, i diritti umani sono calpestati continuamente, non ci sono condizioni minime di vita umana. La maggior parte della gente è povera ed è sfruttata dai potenti.

Che messaggio vorresti lasciare alla Famiglia Salesiana?

Di continuare a credere in don Bosco e ad impegnarsi, perché solo se ci si impegna con e per i giovani si può costruire un mondo migliore o meglio quel regno di Dio che tutti attendiamo.