Notizie nuove dalla clinica…

Emanuela continua a raccontarci della sua esperienza come medico nella clinica… buona lettura a tutti e un abbraccio don Giampy

10384747_808811912477474_3164888697591002462_normai una settimana è passata dalla mia ultima lettera e sento il bisogno di condividere con voi l’esperienza forte che qui sto vivendo. Quando sono partita sapevo che mi sarei dovuta confrontare con una cultura diversa dalla mia, costruita su valori e costumi differenti da quelli “occidentali”, tuttavia un conto è immaginarlo o sentirlo raccontare, tutt’altra storia viverlo. Vivere con queste persone mi sta mettendo a dura prova, facendomi sperimentare emozioni forti e spesso contrastanti. In questo paese la scala di valori e’ molto differente dalla nostra e credetemi se vi dico che sto facendo davvero una grande fatica a cercare di capire il perché di certi comportamenti che qui sono considerati normali. Voglio iniziare però il mio racconto dalle cose positive. Un grande valore che sto riscoprendo qui e che in Italia credo abbiamo un po’ perso è quello dell’accoglienza. Qui accogliere non è solo dare ospitalità ma farsi carico di tutti i problemi e di tutte le esigenze che la persona presenta. Non è semplice da capire e all’inizio anch’io ho fatto un po’ di fatica. A San Benito don Giampiero mi ha fatto ospitare da una famiglia della parrocchia, una coppia con 2 bimbi bellissimi di 13 e 11 anni. Loro non solo mi ospitano, mi puliscono ogni giorno la camera, mi lavano i vestiti, mi preparano pranzo cena e colazione, mi accompagnano ovunque io necessiti di andare e a qualunque ora. Mi hanno pagato l’ingresso a Tikal, l’antica città dei Maya, pagandomi una guida personale in italiano e l’ingresso al cinema del paese. I miei dall’Italia mi hanno sgridato perché in effetti sembra un po’una approfittazione. Così ho preso coraggio e sono andata a parlare col papà per dirgli che non c’era bisogno di tutta questa premura. Lui mi ha guardata un po’ perplesso e mi ha detto: ” Ema tu sei venuta qui a prestare un servizio ai poveri del mio paese, quello che io faccio è per me un piccolo modo per poter partecipare al tuo servizio. Anch’io prendendomi cura di te posso essere d’aiuto ai più poveri.” Ecco queste parole mi hanno aperto il cuore e mi hanno fatto capire, capire di non essere sola. Si, forse dall’Italia sono partita sola ma qui il Signore mi ha messo vicino delle persone meravigliose che stanno partecipando con me alla mia missione e che mi aiutano come solo un papà e una mamma possono fare.
Altra cosa positiva che mi ha colpito è  il loro modo di pregare. Ogni azione della giornata inizia e finisce con la preghiera. È una preghiera di lode, di ringraziamento a Dio che dona loro la possibilità di compiere cio’ che stanno facendo, dal mangiare al prestare servizio ai poveri. La preghiera è parte integrante delle persone. Qui c’è la consapevolezza che tutto viene da Dio e solo per mezzo di Lui può essere compiuto. Qui è bello pregare e per la prima volta posso dire di aver pregato con il cuore. 
Passiamo ora alle questioni un po’ più critiche. La considerazione della donna ad esempio. La donna in Guatemala non ha nessuna considerazione. Alla clinica dove sto lavorando spesso vengono i mariti a chiedermi i farmaci per le loro mogli e quando io gli dico se è possibile che venga la signora per poterla visitare mi guanrdano stupiti. Questo perché non sono abituati al fatto che le loro donne possano avere il diritto di essere curate da un medico. Don Giampiero mi ha raccontato che spesso deve andare a parlare con i mariti per chiedere loro il permesso che le mogli vengano alla messa. La cosa più impressionante è il reparto di maternità dell’ospedale, la media dell’età delle mamme è di 15 anni. La signora che lavora con me alla clinica mi diceva che spesso queste gravidanze sono frutto di violenze da parte dei padri o dei fratelli maggiori. Nessuno denuncia perché chi deve garantire la legge è quasi sempre corrotto e la paura vince sulla giustizia. Poche sono le donne che sanno leggere perché la scuola è concessa solo ai figli maschi. Per questo don Gianpiero ha attuato un programma di alfabetizzazione per donne che credo sia una cosa davvero molto utile. L’altro giorno ho tenuto un con un gruppo di signore un incontro sulla prevenzione del tumore della mammella e del collo uterino. Ho parlato di cose semplici come l’autopalpazione e l’importanza del pap test. Queste cose che in Italia sono ormai stra conosciute qui sono una novità ed è stato davvero molto bello poter rispondere alle loro domande. Ingiusta, non trovo un’altra parola per definire questa condizione. Perché queste ragazze valgono tanto quanto le nostre ragazze eppure hanno davanti un destino ben più crudele.
Per ultima ho lasciato la storia che mi più mi ha provata in questi giorni. Mercoledì con un signore che lavora alla clinica sono stata in un posto chiamato Nuova Esperanza. Una specie di villaggio immerso nella selva, con case che sono stalle in legno senza pavimenti, dove non esistono bagni ne’ acqua. In questo posto dovevamo pesare i bambini e dare delle buste ricche di alimenti a quelli sottopeso. Qui ho conosciuto Angel, un bimbo di 2 anni e mezzo con 2 fratelli, uno di 5  anni e uno di 6 mesi. Sua madre avrà avuto 20 anni e il marito l’ha abbandonata da poco. Non hanno una casa, sono scalzi e tutti sporchi. Quando le dico che sono un medico mi chiede se posso visitare Angel. Lo scopro e vedo che ha una terribile infezione cutanea che si estende su tutti i genitali e sulle gambe e che gli dà un prurito e un dolore immenso. È una infezione enorme che non si vede sui libri di medicina. Capisco che è una situazione grave che richiede l’ospedalizzazione e che io ambulatorialmente non posso fare nulla. La madre mi guarda e inizia a ridere, l’idea dell’ospedale la fa ridere perché non se lo può permettere ed è come dirle di andare sulla luna. Angel morirà e non c’è niente, niente da fare. Morirà per una infezione lasciata a se stessa che  di per se’ è curabilissima. Quando torno in lacrime sconvolta da don Gianpiero lui mi dice che qui è normale e che come Angel ci sono tantissimi altri bambini. La vita qui non è un valore. La morte non fa paura, fa parte della natura e solo i più forti sopravvivono. Ecco questa è una cosa che non capisco, che non riesco ad accettare, che mi fa male. Don Gianpiero dice che devo smetterla di fare i confronti e di pensare come se fossi in Italia,  qui è un altro mondo. L’idea che possa esistere un altro mondo e’ davvero difficile da capire. Forse sbaglio, però non ce la faccio. Gli occhi di Angel me li sono stampati nella mente e non riesco a dimenticarli. 

Sono partita con la convinzione che qui il Signore avesse qualcosa da dirmi ma onestamente ora non lo sto capendo. 

È difficile e bello allo stesso tempo. Bello perché questo è un posto privilegiato per incontrare Dio, difficile perché un bambino che muore ingiustamente è davvero terribile! 
Spero di non avervi scioccato troppo. In realta’ sono tante le cose… alcune cercherò di raccontarvele la prossima volta! Per ora vi chiedo di pregare per me e per i salesiani che qui svolgono davvero un lavoro preziosissimo. ormai una settimana è passata dalla mia ultima lettera e sento il bisogno di condividere con voi l’esperienza forte che qui sto vivendo. Quando sono partita sapevo che mi sarei dovuta confrontare con una cultura diversa dalla mia, costruita su valori e costumi differenti da quelli “occidentali”, tuttavia un conto è immaginarlo o sentirlo raccontare, tutt’altra storia viverlo. Vivere con queste persone mi sta mettendo a dura prova, facendomi sperimentare emozioni forti e spesso contrastanti. In questo paese la scala di valori e’ molto differente dalla nostra e credetemi se vi dico che sto facendo davvero una grande fatica a cercare di capire il perché di certi comportamenti che qui sono considerati normali. Voglio iniziare però il mio racconto dalle cose positive. Un grande valore che sto riscoprendo qui e che in Italia credo abbiamo un po’ perso è quello dell’accoglienza. Qui accogliere non è solo dare ospitalità ma farsi carico di tutti i problemi e di tutte le esigenze che la persona presenta. Non è semplice da capire e all’inizio anch’io ho fatto un po’ di fatica. A San Benito don Giampiero mi ha fatto ospitare da una famiglia della parrocchia, una coppia con 2 bimbi bellissimi di 13 e 11 anni. Loro non solo mi ospitano, mi puliscono ogni giorno la camera, mi lavano i vestiti, mi preparano pranzo cena e colazione, mi accompagnano ovunque io necessiti di andare e a qualunque ora. Mi hanno pagato l’ingresso a Tikal, l’antica città dei Maya, pagandomi una guida personale in italiano e l’ingresso al cinema del paese. I miei dall’Italia mi hanno sgridato perché in effetti sembra un po’una approfittazione. Così ho preso coraggio e sono andata a parlare col papà per dirgli che non c’era bisogno di tutta questa premura. Lui mi ha guardata un po’ perplesso e mi ha detto: ” Ema tu sei venuta qui a prestare un servizio ai poveri del mio paese, quello che io faccio è per me un piccolo modo per poter partecipare al tuo servizio. Anch’io prendendomi cura di te posso essere d’aiuto ai più poveri.” Ecco queste parole mi hanno aperto il cuore e mi hanno fatto capire, capire di non essere sola. Si, forse dall’Italia sono partita sola ma qui il Signore mi ha messo vicino delle persone meravigliose che stanno partecipando con me alla mia missione e che mi aiutano come solo un papà e una mamma possono fare. 
Altra cosa positiva che mi ha colpito è  il loro modo di pregare. Ogni azione della giornata inizia e finisce con la preghiera. È una preghiera di lode, di ringraziamento a Dio che dona loro la possibilità di compiere cio’ che stanno facendo, dal mangiare al prestare servizio ai poveri. La preghiera è parte integrante delle persone. Qui c’è la consapevolezza che tutto viene da Dio e solo per mezzo di Lui può essere compiuto. Qui è bello pregare e per la prima volta posso dire di aver pregato con il cuore.

Passiamo ora alle questioni un po’ più critiche. La considerazione della donna ad esempio. La donna in Guatemala non ha nessuna considerazione. Alla clinica dove sto lavorando spesso vengono i mariti a chiedermi i farmaci per le loro mogli e quando io gli dico se è possibile che venga la signora per poterla visitare mi guanrdano stupiti. Questo perché non sono abituati al fatto che le loro donne possano avere il diritto di essere curate da un medico. Don Giampiero mi ha raccontato che spesso deve andare a parlare con i mariti per chiedere loro il permesso che le mogli vengano alla messa. La cosa più impressionante è il reparto di maternità dell’ospedale, la media dell’età delle mamme è di 15 anni. La signora che lavora con me alla clinica mi diceva che spesso queste gravidanze sono frutto di violenze da parte dei padri o dei fratelli maggiori. Nessuno denuncia perché chi deve garantire la legge è quasi sempre corrotto e la paura vince sulla giustizia. Poche sono le donne che sanno leggere perché la scuola è concessa solo ai figli maschi. Per questo don Gianpiero ha attuato un programma di alfabetizzazione per donne che credo sia una cosa davvero molto utile. L’altro giorno ho tenuto un con un gruppo di signore un incontro sulla prevenzione del tumore della mammella e del collo uterino. Ho parlato di cose semplici come l’autopalpazione e l’importanza del pap test. Queste cose che in Italia sono ormai stra conosciute qui sono una novità ed è stato davvero molto bello poter rispondere alle loro domande. Ingiusta, non trovo un’altra parola per definire questa condizione. Perché queste ragazze valgono tanto quanto le nostre ragazze eppure hanno davanti un destino ben più crudele.

Per ultima ho lasciato la storia che mi più mi ha provata in questi giorni. Mercoledì con un signore che lavora alla clinica sono stata in un posto chiamato Nuova Esperanza. Una specie di villaggio immerso nella selva, con case che sono stalle in legno senza pavimenti, dove non esistono bagni ne’ acqua. In questo posto dovevamo pesare i bambini e dare delle buste ricche di alimenti a quelli sottopeso. Qui ho conosciuto Angel, un bimbo di 2 anni e mezzo con 2 fratelli, uno di 5  anni e uno di 6 mesi. Sua madre avrà avuto 20 anni e il marito l’ha abbandonata da poco. Non hanno una casa, sono scalzi e tutti sporchi. Quando le dico che sono un medico mi chiede se posso visitare Angel. Lo scopro e vedo che ha una terribile infezione cutanea che si estende su tutti i genitali e sulle gambe e che gli dà un prurito e un dolore immenso. È una infezione enorme che non si vede sui libri di medicina. Capisco che è una situazione grave che richiede l’ospedalizzazione e che io ambulatorialmente non posso fare nulla. La madre mi guarda e inizia a ridere, l’idea dell’ospedale la fa ridere perché non se lo può permettere ed è come dirle di andare sulla luna. Angel morirà e non c’è niente, niente da fare. Morirà per una infezione lasciata a se stessa che  di per se’ è curabilissima. Quando torno in lacrime sconvolta da don Giampiero lui mi dice che qui è normale e che come Angel ci sono tantissimi altri bambini. La vita qui non è un valore. La morte non fa paura, fa parte della natura e solo i più forti sopravvivono. Ecco questa è una cosa che non capisco, che non riesco ad accettare, che mi fa male. Don Giampiero dice che devo smetterla di fare i confronti e di pensare come se fossi in Italia,  qui è un altro mondo. L’idea che possa esistere un altro mondo e’ davvero difficile da capire. Forse sbaglio, però non ce la faccio. Gli occhi di Angel me li sono stampati nella mente e non riesco a dimenticarli.
Sono partita con la convinzione che qui il Signore avesse qualcosa da dirmi ma onestamente ora non lo sto capendo. 
È difficile e bello allo stesso tempo. Bello perché questo è un posto privilegiato per incontrare Dio, difficile perché un bambino che muore ingiustamente è davvero terribile! Spero di non avervi scioccato troppo. In realta’ sono tante le cose… alcune cercherò di raccontarvele la prossima volta! Per ora vi chiedo di pregare per me e per i salesiani che qui svolgono davvero un lavoro preziosissimo.