una piccola luce è in grado di dissipare le tenebre più oscure

downloadCredo che questa frase possa sintetizzare bene quelle che sto vivendo in questo momento:

Sono stati giorni piuttosti intensi e difficili per vari motivi:

Prima di tutto, la situazione difficile e di violenza che si sta creando in San Bneito. É un periodo in cui gli omicidi sono aumentati esponenzialmente (per non parlare dei furti, e di tutti gli atti criminali) le morti sono all’ordine del giorno e ormai neanche le conto. Addirittura abbiamo avuto una sparatoia in uno dei cortili di una nostra cappellina (quella della Vergine della Pace… sembra un controsenso), per fortuna non c’era nessuno in quel momento, è stato uno scontro tra bande ed una si era rifugiata nel cortile della Chiesa. Già sapete del furto del Tabernacolo, abbiamo fatto un po’ di domande e si è scoperto che è stato rubato dal genero di una signora indigena della Chiesa. É un boss locale, ed è un tipo pericoloso, la suocera è andata a chiedergli di ridargli perlomeno le ostie e lui gli ha risposto di farsi gli affari suoi, perchè altrimenti l’unica cosa che avrebbe trovato era una pallottola. Hanno tentato di sequestrare un signore della parrocchia, per fortuna, l’uomo è riuscito a scappare in tempo, ma è vivo per miracolo, la figlia, una ragazza davvero dolcissima, di quelle che non riuscirebbe a fare male ad una mosca, ora vive con il terrore, non esce di casa, per paura di fare la stessa fine. Vederla piangere e soffrire per la paura di uscire di casa, è duro da accettare.

Secondo, la quantità di lavoro che è aumentata terribilmente, perchè Padre Michele, sta in Italia in vacanza e quindi siamo solo in due e dobbiamo sostituirlo. Il problema che in questo momento anche vari sacerdoti sono in vacanza e con Shiju stiamo coprendo anche altre parrocchie (non ci facciamo mancare proprio niente…). Questa settimana sto per battere il mio precedente record di messe in una settimana, dovrei arrivare a 20 se non ci sono funerali all’ultimo minuto tra oggi e domani…

Terzo, mi è arrivata dall’Italia una notizia brutta, di un mio caro amico, che sta passando per una situazione difficile. Mi piacerebbe poter stare lì, e potergli stare accanto.. e non posso.

A livello pastorale, poi ho fatto un’esperienza molto forte…una di quelle che ti segnano profondamente nella tua vita sacerdotale:Pochi giorni fa, abbiamo avuto un incontro con le donne che conformano la pastorale della donna sopra il tema del conflitto armato e sopra le conseguenze che hanno nella vita di tutti i giorni. Questa volta ho radunato le donne nella parrocchia ed ho chiamato a parlare l’incricata della pastorale sociale del vicariato per sviluppare il tema. Devo dire che non mi aspettavo quello che sarebbe successo dopo e mi piace condividerlo con voi.

Non so se siete a conoscenza ma negli anni ’80 si è compiuto qui in Guatemala un vero e proprio genocidio di grandi proporzioni (L’autore, Efraín Ríos Montt,  è stato ufficialmente condannato, anche se si sta facendo di tutto per negare la condanna). Le donne e i bambini furono vittime di aggressioni soprattuto sessuali in diverse situazioni, sia in contesti di repressione di massa, che di repressione selettiva. I membri dell’Esercito realizzarono massacri contro le comunità indigene e non solo, esercitando violenza sessuale contro le donne e i bambini (si perchè considerare donne, bambine di dodici e tredici anni mi sembra alquanto difficile).

Vi posso assicurare che mi sono documentato quando venni qui, però un conto è leggerlo sui libri, altro è ascoltare le sofferenze che hanno vissuto queste donne, sentendo raccontare la loro sofferenza personale da loro stesse.
La violenza da parte dell’esercito sulle donne era un modo per sottometterle e farle sentire inferiori. una raccontò che avevano violentato la zia davanti a tutta la famiglia mentre loro bambine erano costrette a guardare inermi.
Un’altra raccontò che avevano chiesto alla cugina di fare l’amore con i soldati e che se li avesse acontentati non le avrebbero ammazzato i figli, per cui l’avevano “costretta” a scegliere se vedere i suoi figli morire davanti ai suoi occhi oppure sacrificarsi per loro. Mi ricordo l’espressione di questa signora, mentre sconsolata diceva: “secondo voi che avrebbe potuto fare una mamma se non sacrificarsi per i suoi figli. Non era una scelta, nessuna donna accetterebbe di vedere i propri figli morire davanti ai suoi occhi se ha una minima possibilità di salvarli si farà anche ammazzare“. Una donna e una mamma queste parole le capirà senz’altro meglio di me, ma vi posso assicurare che mi hano scosso profondamente. Diceva la responsabile della pastorale sociale che questa pratica di farle scegliere tra loro e i loro figli è stata abbastanza diffusa.
A molte mamme gli hanno ucciso il bambino ancora nel ventre, perchè non potessero avere discendenza. Credo che non ci sia nulla di più tremendo per una madre di subire un aborto senza poter impedirlo. Un’altra raccontava che la nonna l’hanno presa a calci nel ventre per fargli morire il feto mentre gli altri soldati guardavano ridacchiando compiaciuti insultandola.
Un’altra ha raccontato che nel suo villaggio (era bambina) videro un sacco di fumo. La madre le disse di vestirsi e di prepararsi perchè c’era un incendio. Lei disse alla mamma: “ mamma stanno dando fuoco alle case” vedendo che il fuoco proveniva dal centro abitato. “No” le rispose la madre “staranno bruciando le case vecchie e disabitate“.
Ma mamma lì però il fuoco è nel centro“. la mamma intanto ha svegliato tutti i bambini e sono usciti fuori della casa. La signora racconta che era uscita con le sue scarpette e ne perse una e nella notte non riusciva a ritrovarla.
Mamma guarda stanno dando fuoco alla casa all’angolo e quella è abitata e c’è gente dentro“.
Hai ragione, corriamo nel bosco e non fermatevi per nessun motivo
Stavano bruciando il suo villaggio e ucidendo tutti coloro che si trovavano dentro. Lei ha potuto raccontarlo ed è una fortunata. Quanti sono morti ingiustamente tra le fiamme senza poter dire nulla e senza neanche accorgersi, solo perchè di un’etnia differente. Certe scene di crudeltà pensavo fossero possibili solo nei romanzi dell’orrore, purtroppo mi rendo conto che a volte la realtà è ben più triste della fatasia.
Un’altra ha detto, nel conflitto armato, a noi donne ci è stato insegnato a stare zitte, a non aprire la bocca a nasconderci, a non far vedere i nostri punti deboli. Non dovevamo dare pretesti al nemico per ucciderci. Vi posso assicurare che dopo quasi vent’anni, ancora il conflitto ha lasciato segni indelebili nella popolazione. Fino ad oggi non avevo chiaro quello che era successo, un conto è leggere le cose e un altro è avere qualcuno che di persona te le racconta e te le spiega e ti dice quello che ha vissuto.
Altre hanno raccontato di cugini e fratelli che sono spariti dal giorno alla notte e che non si sa che fine abbiano fatto.
Ad un certo punto sono dovuto uscire a predere una boccata d’aria perchè avevo voglia di vomitare. La guerra tira fuori il nostro lato peggiore, più animalesco e tutto diventa lecito, a volte sento parlare di guerre per portare la pace e la giustizia. La guerra non produrrà mai la pace. La guerra è solo capace di scatenare il nostro lato peggiore. A volte può essere un male necessario per evitare danni peggiori, ma mai un bene da invocare, perchè chi ne soffre sono la gente povera e umile quella che nessuno ascolta, quella che non fa notizia, quella che muore invocanfo giustizia.
A questo punto vi domanderete se sono depresso e sconsolato e la mia risposta è no… (del resto non sono sentimenti a cui sono consono) … proprio pochi minuti fa, mi arriva una mail da una signora degli stati uniti che ho conosciuto quest’estate, che mi dice che ha trovato un benefattore, che sarebbe interessato ad aituare per la costruzione della clinica (che unito ad un altro che già sta iniziando a mandare i soldi, potrebbere rendere questo mio sogno presto realtà), contemporaneamente mamma mi manda un messaggio dicendomi che ha trovato chi mi può aiutare per costruire il centro giovanile… e dentro di me, mi dico, vedi che il Signore non si arrende mai, non posso farlo certo io… vedi che la sua piccola luce disperde le tante tenebre attorno a me… vedi che c’è più luce che oscurità… vedi che basta poco… vedi che basta crederci un poco e i miracoli succedono…
Stiamo seminando nella parrocchia semi di speranza e sono certo che presto germoglieranno e daranno frutti abbondanti. Più l’oscurità  profonda e più anche una piccola luce la illumina.
Per quanto riguarda le nostre attività di questo mese
Sta terminando il campionato della parrocchia, e già i ragazzi chiedono che ne organizziamo un altro… purtoppo è l’unico campionato di tutta la città per queste fascie d’età.
Finalmente abbiamo una psicologa nella parrocchia… presto prometto di fare scrivere due righe per poterle pubblicare. Lei sta facendo il suo tirocinio… l’università ha promesso di mandarmi altri tirocinanti. Vi posso dire, che (e io non credevo avrebbe avuto tanto successo, sapevo della necessità, ma non immagginavo quanto) il suo “ufficio” è sempre pieno (che purtroppo per i nostri spazi risicati si trasforma in aula di catechismo quando lei non c’è). Ha appuntamenti fissati già per le prossime settimane, tanto che una sua amica, che sta facendo il tirocinio da un’altra parte, si è offerta di venire ad aiutarla nei giorni in cui è più piena… Abbiamo già casi molto delicati: Quindicenni violentate ed incinte. Gravidanze di minori (13 e 14 anni). Stiamo diando priorità ai casi più problematici… 
Questo è un altro piccolo sogno che si realizza… una di quelle luci che si accendono e spazzano via le tenebre…
L’ispettoria ha organizzato un campo ispettoriale… qui non è come in Italia… l’ispettoria ha sei nazioni, è difficile fare un campo ispettoriale… sono andati quindici ragazzi della nostra parrocchia, un bel trionfo
Ed infine abbiamo organizzao il festival del migrante, un’attività per sensibilizzare sulla questione della migrazione e delle sue conseguenze. 

Vi voglio bene

Don Giampy


Per approfondire sul tema della guerra civile:

Da un articolo de “La Repubblica” del 16 Maggio 2013

“Le origini del lungo e sanguinoso conflitto civile in Guatemala hanno un nesso diretto con la deposizione violenta di Jacopo Arbenz, nel 1954, che con la sua politica di governo aveva aspramente irritato i latifondisti del suo paese, oltre che le industrie alimentari del nord America, la United Fruit Company in testa. Quello che dagli storici viene archiviato come il “decennio democratico” (1945-1954) venne di fatto cancellato da repressioni, in gran parte ispirate o direttamente realizzate a causa delle pesanti interferenze del Dipartimento di Stato Usa. 

La rivolta armata del 1960. La cancellazione delle incisive riforme, imposte durante quel decennio, dette luogo a intense proteste sociali, che culminarono con la rivolta armata del 1960, animata da un cospicuo gruppo di militari rimasti fedeli ad Arbenz. La rivolta venne soffocata nel sangue dall’esercito, ma ci furono molti ufficiali che riuscirono a fuggire, per poi maturare all’estero un risentimento crescente nei confronti del governo e una progressiva radicalizzazione che portò alla formazione di gruppi rivoluzionari armati, ispirati all’esperienza cubana. 

Trentasei anni di guerra civile. La guerra civile è durata 36 anni ed ha visto in campo l’esercito regolare, le formazioni paramilitari, più o meno palesemente sostenute da consulenti nord americani. Secondo gli studiosi della storia guatemalteca, l’esercito regolare alla fine degli anni ’70 cambiò strategia, abbandonando la repressione selettiva, per passare a quella di massa, attuando un vero e proprio piano sistematico di eliminazione di intere comunità indigene d’etnia Maya. Nessuno: non i movimenti della società civile, e neanche la Chiesa riescono a fermare il genocidio, che si realizza di fronte agli occhi indifferenti del mondo intero. 

Gli accordi di pace. E’ nel 1996 che vengono firmati gli accordi di pace tra il governo e i guerriglieri. Successivamente si costituirono diversi organismi con lo scopo di ricostruire la fase storica forse più dolorosa del Paese centro americano. I risultati del lavoro di ricerca di dimensioni imponenti (5 tomi in 12 volumi) sono scritti nelle pagine di una relazione che porta il titolo Guatemala. Memoria del silenzio. In estrema sintesi, le responsabilità maggiori dell’eccidio vengono fatte ricadere per oltre il 90% sulla polizia e l’esercito regolare guatemalteco, per il 3%  sui gruppi rivoluzionari armati, per il 4% su entità non identificate” 

Per ulteriori informazioni consiglio di leggere questo articolo sopra Mons. Gerardi, vescovo morto martire per aver difeso la gente contro questo genocidio:

http://www.adistaonline.it/?op=articolo&id=42754


www.missionepeten.it per leggere anche le mail passate per iscriversi alla newsletter ed eventualmente per donazioni direttamente online…

www.facebook.com/ParroquiaSanBenitodePalermo per vedere foto ed avere informazioni più approfondite della nostra opera

Per eventuali le donazioni ricordo:

ASSOCIAZIONE IL GIARDINO DI PROVVIDENZA O.N.L.U.S VIA DEI CASALI DI PORTA MEDAGLIA 1 00134 ROMA

IBAN IT 97 M 08327 03241 000000002286

Causale per Giampiero Peten