Piccole lezioni di vita

734662_538883446136990_335130694_nCi sono alcune cose alle quali uno non si abitua mai, e ci sono cose dalle quali riceve sempre insegnamenti per la vita. Una di queste per me, è il contatto con i poveri, che ogni giorno mi danno concrete lezioni di vita. Domenica scorsa sono stato a celebrare nel villaggio chiamato Belen (Betlemme). È il villaggio più piccolo e più povero, ci vivono solo contadini. La comunità anche è molto piccola, pochi sono i cristiani cattolici, in balia della moltitudine di sette pseudo-evangeliche, che gli rubano solo i soldi.

Terminata la messa, mi hanno accompagnato nella casa, del catechista della comunità (un po’ il responsabile dell’intera comunità cristiana) e mi ha offerto il pranzo. Il pranzo è consistito in un piatto di fagioli e “tortilla” di mais (la tortilla è una specie di focaccia di mais e si usa un po’ come da noi il pane). È bello vedere come i poveri sappiano condividere anche quel poco che non hanno… Quello che però più mi ha fatto sentire un verme, è che ero l’unico a mangiare i fagioli, loro si sono accontentati di magiare solo le “tortilla”. Al padre sempre gli si offre il meglio di quello che uno ha nella casa, è una forma di rispetto e soprattutto di cortesia per l’ospite, però, ti dà l’idea di cosa possano mangiare loro. Da quanto sono in missione sto cercando di evitare di “sfruttare” e di usufruire di quei privilegi che la gente mi da in quanto padre. Non rifiuto mai, perché sarebbe un’offesa per loro, ma cerco di non mettermi in condizione di approfittare e cerco di utilizzare la vita e le risorse di cui dispongo solo per i poveri, evitando di perdere tempo. Don Bosco diceva che fin l’ultimo respiro sarebbe stato dei suoi ragazzi, questo credo era il suo modo di vivere la povertà.

L’altra lezione di vita che sto ricevendo è un po’ difficile da spiegare. Non riuscivo a capire, perché qui i ragazzi e soprattutto i bambini sono molto timidi e riservati, sembrano più “tedeschi” che latinoamericani. Nel senso che quasi hanno paura a giocare con te. Non riuscivo a capire il perché, fin quando mi hanno spiegato, che qui in Peten, si è subito un regime militare, molto simile ad una dittatura, dovuta agli scontri tra guerriglieri e l’esercito. Questo ha creato nella gente uno stato di paura e di terrore atavico. Si ha timore di tutto, e non si socializza. È tremendo! Immagino questo quanto possa incidere su un bambino, sui suoi sogni, sui suoi desideri. Non riuscivo a capacitarmi come fosse possibile che la città fosse piena di campetti di calcio e di basket, ma che fossero sempre vuoti. In Italia ho goduto di grande libertà e non posso davvero capire quello che provano qui le persone per non averne mai avuto. I militari qui girano per tutta la città per garantire l’ordine, ma i morti sono all’ordine del giorno ugualmente, segno che questo clima di terrore non serve davvero a nulla. Il nostro compito come salesiani sarà probabilmente quello di ridargli la felicità perduta e di dargli la sicurezza che la fede è la unica forza al mondo capace di farti vincere qualsiasi timore.

Tra l’altro, la caserma militare ci ha chiesto di celebrare la messa tutte le domeniche così siamo diventati anche cappellani militari. Un nuovo fronte che la Provvidenza ci ha assegnato. Sono più di mille i soldati che vivono nella caserma e che si turnano per tutta la regione del Peten, la maggior parte di loro, non ha ancora 20 anni e per lo più sono ragazzini spauriti, che hanno abbandonato la loro famiglia con la speranza di un lavoro ed una opportunità di vita migliore. Un’occasione per seminare nei loro cuori il valore del servizio ai poveri e ai bisognosi.

Inizia la Quaresima, Giovedì sarò di nuovo con la comunità di Belen (mentre Shiju andrà a san Antonio…) per celebrare il “mercoledì delle ceneri” con un po’ di ritardo… come si dice meglio tardi che mai.

Mentre vi scrivo sento della rinuncia del Papa. Che il Signore lo continui ad accompagnare e preghiamo per il nuovo che avrà molte sfide da affrontare per rendere la chiesa sempre più credibile agli occhi del mondo