Ricevendo un regalo di Natale inaspettato

In questi giorni sono stato molto preoccupato. Il fatto di rimanere l’anno prossimo solo con il padre Michele, che nonostante i suoi 75 anni suonati dimostra ogni giorno di lavorare per tre e di avere un cuore profondamente missionario, mi ha reso molto agitato. Il fatto di dover ridurre tutte le attività della parrocchia non mi ha lasciato dormire tranquillo. Troppe cose da fare e siamo decisamente pochi per portarle avanti.

A quanto pare, però, il Signore quest’anno ha voluto ricordarmi qual’è il vero senso del Natale: Lasciarsi stupire dall’opera del Signore, padrone della storia e del nostro destino. Io che cerco di tenere sempre tutto sotto controllo e che nonostante creda tanto nella Provvidenza di Dio e che nonostante abbia avuto continuamente segni evidenti della sua presenza nella mia vita, finisco sempre per correre il rischio di chiudermi nei miei progetti così mentre che con il padre Michele discutevamo su come portare avanti i vari fronti pastorali della parrocchia in quali concentrarci e in quali doverci ritirare per il semplice fatto che siamo uno in meno, il Signore ha pensato di farmi un regalo di Natale davvero inaspettato e ricordarmi che lui viene al mondo per capovolgere le nostre strategie e le nostre convinzioni.

Viene il vescovo, Mario Fiandri e mi racconta che 12 famiglie sono state sfrattate dal villaggio in cui vivevano. In Guatemala c’è un area protetta dove non si può costruire per preservare la biosfera maya, il problema che molta gente viveva lì già da molti anni e prima che la legge fosse approvata. Per cui, l’esercito è intervenuto per sfrattarli e li ha trasferiti in un terreno temporaneamente di un privato cittadino. La legge è legge e va rispettata, ma queste dodici famiglie che si trovano dal giorno alla notte senza casa, senza lavoro, perché coltivavano la terra dove vivevano, che faranno?

Il vescovo si è proposto come mediatore con il governo perché dessero a loro un terreno per vivere nel frattempo che si trovava una soluzione per loro. Il governo promise di affittare un terreno nel frattempo che si trovasse un terreno di quelli confiscati ai narcotrafficanti dove metterli definitivamente.

Come sempre i governi di queste parti promettono molto e non fanno nulla di quello che promettono. Per cui è toccato al vescovo pagare l’affitto del terreno dove sono stati messi temporaneamente le persone. Il costo dell’affitto era eccessivo e le casse del vicariato non sono certo traboccanti (e lo dico per conoscenza diretta, visto che sono l’amministratore economico del vicariato). Per cui viene da me, chiedendomi se conoscevo qualcuno che vendesse un terreno a prezzi modici per sistemare queste famiglie. Dicendomi che li vogliono sfrattare anche dal terreno dove stanno perché nessuno paga per loro. Del resto sono famiglie povere, la maggior parte di loro non parlano neanche spagnolo, ma solo quetchi. Non possiamo come chiesa rimanere inermi al grido di sofferenza di questa gente.

La soluzione è stata molto semplice e la mia risposta ancor più rapida. “Mario, Io ho un terreno dove potrebbero stare, qual’è il problema” (in realtà il terreno è del vescovo, perché è un terreno parrocchiale, ma lui non si ricordava che lo amministro io perché si trova nel territorio parrocchiale). Per cui siamo andati con il vescovo a vedere il terreno e in quattro e quattrotto abbiamo organizzato tutto per trasferire le famiglie. Costruito dei bagni molto semplici, connesso l’acqua pulito il terreno.

Regalo di Natale: Dodici famiglie, cinquantasette persone di cui trentadue bambini da accudire! Dargli da mangiare, proteggerli dal freddo, costruirgli la casa (perché tra l’altro gli hanno anche rubato la legna con cui avevano costruito la casa mentre si trasferivano per il nostro terreno), vedere come far studiare i bambini.

Da un lato la mia paura di cosa potremmo fare solo in due, dall’altro la convinzione che l’opera di San Benito non è mia, ma del Signore e che non siamo solo in due, ma almeno siamo in tre perché Dio non ci abbandona mai. C’è una preghiera di Madre Teresa di Calcutta che dice: “Signore, quando ho fame, dammi qualcuno che ha bisogno di cibo“, ho subito pensato a questa preghiera mentre parlavo con il vescovo e si materializzava l’ipotesi di occuparci di queste famiglie.

Credo sia il regalo che il bambino Gesù mi abbia voluto far trovare sotto l’albero di Natale. Ricordarmi che il Natale è mettersi nelle mani di Dio, di un Dio piccolo, debole, insignificante che fa di una stalla la sua reggia. Un Dio che viene nel mondo per rivoluzionare le nostre idee e il nostro modo di pensare, che ci ricorda che Natale, prima di tutto è Na..dare, che il nostro cuore piccolo intriso di egoismo, deve imparare a dilatarsi e ad accoglierlo nella gente che ha bisogno.

Per cui ora la mia famiglia è cresciuta e il lavoro da fare anche, ma non mi lamento più… del resto come potrei vedendo come vivono queste persone e come potrei visto come il Signore ha voluto ricordarmi di aver fiducia in lui e nella sua Provvidenza!

Buon Natale a tutti di cuore

Don Giampy

Preghiera di Madre Teresa

Signore, quando ho fame, dammi qualcuno che ha bisogno di cibo,
quando ho un dispiacere, offrimi qualcuno da consolare;
quando la mia croce diventa pesante,
fammi condividere la croce di un altro;
quando non ho tempo,
dammi qualcuno che io possa aiutare per qualche momento;
quando sono umiliato, fa che io abbia qualcuno da lodare;
quando sono scoraggiato, mandami qualcuno da incoraggiare;
quando ho bisogno della comprensione degli altri,
dammi qualcuno che ha bisogno della mia;
quando ho bisogno che ci si occupi di me,
mandami qualcuno di cui occuparmi;
quando penso solo a me stesso, attira la mia attenzione su un’altra persona.
Rendici degni, Signore, di servire i nostri fratelli
Che in tutto il mondo vivono e muoiono poveri ed affamati.
Dà loro oggi, usando le nostre mani, il loro pane quotidiano,
e dà loro, per mezzo del nostro amore comprensivo, pace e gioia.


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