Riflessioni a partire del giovane ricco sui miei giovani poveri

Una volta ci si faceva questa domanda: Essere o avere? Oggi la domanda e’ diversa: Avere e dare o avere e tenere? Se vince il “tenere”, è perchè abbiamo chiuso il nostro cuore, perché per dare occorre sentire. Il vangelo dice, beati i poveri in spirito perchè di essi è il Regno dei cieli, non i poveri, ma i poveri in spirito. Ci sono poveri con la mentalità di ricchi. Molte volte, il desiderio di ricchezza crea in loro una grande dipendenza e rende il povero schiavo del consumismo, poiché ricerca la ricchezza dappertutto. Grazie a Dio ci sono poveri che si lasciano permeare dai valori del Vangelo e in una forma che è santità.

Gesù amò e chiamò a uomini ricchi, senza esigere di abbandonare le loro responsabilità. La ricchezza in se stessa non è male, può esserlo l’origine, se fu acquisita ingiustamente (penso ai tanti narcotrafficanti della zona), o la sua destinazione, se si utilizza egoisticamente senza prendere in considerazione i più svantaggiati, chiudendo il proprio cuore alle esigenze dei fratelli.

Beati gli aflitti dice il Vangelo, cioè beati quelli che sanno piangere con le persone che soffrono, che condividono i dolori di tante persone. Vivendo e lottando tutti i giorni contro la miseria e il degrado, mi sento di dire, che la povertà economica è quella più tremenda, è quella a cui dedicare le nostre energie per estirparla. La povertà non è mai solo economica, con essa vanno di pari passo tutte le altre povertà: sociale, culturale, morale, affettiva e, non per ultima, quella spirituale. 

L’altro giorno una signora si stava sfogando con me, raccontando che il suo patrigno abusava di lei e delle sue sorelle tutte le volte che la madre usciva di casa. A volte la sorella maggiore (che in quel tempo aveva appena nove anni), racconta tra le lacrime questa signora, si sacrificava al posto di lei. L’uomo, allora, la sbatteva per terra e gli metteva un piede in faccia, insultandola dandole della …. (già sapete cosa le diceva) e dicendole lo fai perché ti piace… Non poche volte le aveva minacciate di sgozzarle con il machete se avessero raccontato la verità. Non poche volte è tornato a casa ubriaco e ha picchiato a loro e alla moglie. Le picchiava con una corda di quelle che si usano nelle barche, alla quale aveva fatto un nodo e bruciato l’estremità perché facesse più male.

Quando vivi nella miseria, tutto è lecito. Di queste storie, potrei raccontarne a migliaia. Continuamente vengono ragazze, donne a raccontarmi le tragedie che hanno vissuto da bambine o da fanciulle, alcuni sono membri eminenti nella nostra parrocchia, danno la vita nella parrocchia lottando perché queste cose non si ripetano.

In Italia a volte giustifichiamo come Chiesa, gli altri tipi di povertà come prioritari, ma facendolo solo ci inganniamo. In Italia ci sono i poveri, e li abbiamo attorno a noi e a volte non ce ne rendiamo neanche conto. Non so se è più comodo non cercarli, o forse abbiamo perso la capacità di darcene conto. Penso alla mia esperienza al Borgo Ragazzi Don Bosco. Quanta povertà!!! e quanto impegno da parte della comunità educativa per lottare a 360° contro di essa.

Il vangelo ha un passo che è molto illuminante, quello del giovane ricco. Un giovane che aveva rispettato i comandamenti fin dalla sua giovinezza, probabilmente non sapendo neanche il perché. Incontra Gesù e se ne va triste. Le parole del Signore rivolgendosi al giovane ricco sono manifestamente dure, pretendono sorprendere, risvegliarci dalla nostra sonnolenza. Non si tratta di parole isolate e accidentali nel Vangelo: ripete venti volte questo tipo di messaggio. Lo dobbiamo ricordare: Gesù avverte contro gli ostacoli che comportano le ricchezze, per entrare nella vita.

Quello che più però mi fa pensare sono le parole finali di Gesù, quando dice che è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel Regno dei cieli.

L’espressione “che un ricco entri nel Regno” si tratta, in primo luogo, non dell’entrata nei cieli dopo la morte, ma dell’entrata nella comunità attorno a Gesù. E fino ad oggi è così. I ricchi difficilmente entrano e si sentono a casa nelle comunità che cercano di vivere il vangelo d’accordo con le esigenze di Gesù e che cercano di aprirsi ai poveri, agli emigranti ed agli esclusi dalla società.

Dobbiamo trovare un modo di essere solidali con i fatti. E i fatti, per quanto riguarda la povertà materiale, sono rappresentati dal dare una possibilità concreta di uscire dallo stato di disagio economico nel quale le persone si trovano. Tutti dobbiamo fare la nostra parte.

Ma c’è qualcosa di fondamentale per poter realizzare tutto questo. Qualcosa che spesso, sempre più spesso, ci sfugge, concentrati come siamo su un quotidiano ricco si, ma di cose da fare, nel quale rimane ben poco spazio per sentire il dolore della gente.

Se non comprendiamo che ognuno di noi, ha tempo, la vita, entusiasmo, qualità, risorse economiche per aiutare gli altri e che Dio ci chiederà conto di quello che abbiamo fatto e di quello che non abbiamo fatto. Possiamo incominciare dal nostro quartiere, dalla nostra città, dalla nostra nazione fino ad arrivare a prenderci cura della gente che soffre anche in altre parti del mondo.

C’è un film, in cui l’inferno è spiegato meravigliosamente. L’inferno è una stanza senza porte e finestre. Tu sei solo, completamente solo, senza nessuno e lo sarai per tutta l’eternità. Questo mondo può diventare un inferno se viviamo chiusi nel nostro egoismo.

Dobbiamo aprire gli occhi del nostro cuore: Un esempio luminoso per me è Madre Teresa di Calcutta.

«La Provvidenza volle che madre Teresa arrivasse a parlare all’Assemblea Generale dell’ONU. Il segretario generale Javier Pérez de Cuéllar volle invitarla a un atto pubblico che ebbe luogo il 26 ottobre 1985. Egli presentò madre Teresa a tutti i partecipanti alla cerimonia con queste parole: “Ci troviamo in un’aula di discorsi. Nel corso degli anni sono sfilati su questo podio gli uomini ritenuti più potenti. Oggi ci è offerta l’opportunità di dare il benvenuto alla donna realmente più potente della terra. Non credo che ci sia bisogno di presentarla, perché lei non ha bisogno di parole. Madre Teresa chiede fatti. Sono convinto che il meglio che si possa fare è renderle omaggio e dirle che lei è molto più importante di me e di tutti noi. Lei è le Nazioni Unite! Lei è la pace del mondo!”.

Madre Teresa, di fronte a queste parole altisonanti, si fece ancora più piccola, ma la sua fede era grande e il suo coraggio era altrettanto grande. Mostrò l’immancabile corona del Rosario e disse: “Io sono soltanto una povera suora che prega. Pregando, Gesù mi mette nel cuore il suo amore e io vado a donarlo a tutti i poveri che incontro sul mio cammino”.

Fece un momento di silenzio, poi aggiunse: “Pregate anche voi! Pregate e vi accorgerete dei poveri che avete accanto. Forse nello stesso pianerottolo della vostra abitazione. Forse anche nelle vostre case c’è chi aspetta il vostro amore. Pregate e gli occhi si apriranno e il cuore si riempirà di amore”».

Un abbraccio

Don Giampy