Terza settimana della nostra volontaria

10464392_808824412476224_3465119757932331183_nil tempo vola e già sono arrivata a metà della mia esperienza qui nel Peten, esperienza che giorno dopo giorno mi sta regalando emozioni sempre piu’ grandi. Proprio ieri ho vissuto una bellissima giornata e voglio condividerla con voi. Padre Shiju (qui i sacerdoti si chiamano padre e non don), uno dei 3 salesiani missionari che vivono a San Benito, mi ha proposto di partecipare al ritiro dei ragazzi che si stanno preparando a ricevere il sacramento della confermazione. Il ritiro si è svolto in una spiaggia vicino a San Benito chiamata Playa San Jorge, un posto davvero meraviglioso, e ben 64 ragazzi con un’età compresa tra i 14 e i 18 anni vi hanno partecipato. La prima cosa che mi ha colpito è stata l’orario. Il ritrovo era fissato alle 6 della mattina. Mi ha colpito perché se in Italia un animatore o un sacerdote provasse a proporre un orario simile rischierebbe il linciaggio come minimo. Ad animare il ritiro c’erano 2 post novizi salesiani Brandon e Carlos che stanno passando le loro vacanze qui a San Benito. Che dire? Per un giorno mi è sembrato di stare in Italia. Tutto è stato curato in perfetto stile salesiano. Il clima che si è venuto a creare e’ stato quello tipico di una famiglia salesiana, un clima di festa, di gioia e di totale accoglienza. La giornata è trascorsa in allegria tra giochi, bans, catechesi animata, canti e scenette. I ragazzi, come loro stessi hanno condiviso alla fine del ritiro, hanno vissuto un’esperienza bellissima,  si sono divertiti e allo stesso tempo si sono sentiti amati. C’erano ragazzi appartenenti a tutte le classi sociali,  da quella medio benestante a quella poverissima. Un ragazzo in particolare non voleva venire perché i genitori non potevano pagare la quota e padre Shiju gli ha detto che se il problema erano i soldi allora non c’era il problema. È esattamente la stessa cosa che molti salesiani dicono anche in Italia quando un animatore dell’oratorio non può pagarsi il campo estivo. Questa giornata  mi ha fatto ancora una volta innamorare di più di don Bosco. Se don Bosco non avesse mandato i suoi salesiani in missione tutti questi giovani non avrebbero potuto vivere la bellissima esperienza che hanno vissuto. I salesiani gli hanno parlato dell’importanza di dare frutti buoni, di avere dei sogni, di rispettare la propria vita e il proprio corpo, cose che possono sembrare ovvie ma che in questa parte del mondo nessuno conosce. I giovani spesso non hanno prospettive e non sanno scegliere tra cosa è bene e cosa è male. Si sposano ancora adolescenti e pochi terminano gli studi. In pratica sono costretti a diventare adulti quando ancora meriterebbero di vivere la loro adolescenza. Questo perché i genitori sono spesso poverissimi e hanno troppi figli per poter prendersi cura di ciascuno. Avere qualcuno che si prende cura di loro, che gli mostra un altro tipo di vita con valori e ideali differenti come quelli proposti dal cristianesimo è fondamentale! E questo è proprio ciò che i salesiani qui tra mille difficoltà stanno cercando di fare. È un lavoro duro e richiede pazienza e tanto coraggio ma devo ammettere da quello che ho visto che  gli riesce proprio bene! 

Vi starete chiedendo come procede il mio lavoro alla clinica… ormai sono 2 settimane che ogni giorno vado a lavorare, mattina e pomeriggio. Il mio è un lavoro bellissimo perché mi permette di stare a contatto con persone che soffrono e di vedere in quelle persone il volto di Cristo. La verità è che non sono io che sto aiutando loro ma loro stanno aiutando me sia da un punto di vista professionale sia soprattutto da un punto di vista umano. A volte mi capita di dover gestire situazioni complesse dove più malattie coesistono e spesso sono già arrivate a stadi molto avanzati. La cosa più frustrante è non poterli curare come vorrei e come meriterebbero. Non posso richiedere esami e non posso prescrivere i farmaci migliori perché non possono pagarseli e non sto parlando di TC o RM con contrasto ma del semplice emocromo o di una banale ecografia. Devo accontentarmi di un sistema rudimentale che rivela l’emoglobina e dei soliti 4 o 5 farmaci che sono quelli che stanno alla clinica e che vendiamo ad un prezzo più che conveniente. Per come sono abituata a pensare in Italia mi sembra di non fare abbastanza perché le diagnosi sono spesso approssimative e le cure altrettanto alternative. Mi sento spesso impotente! Don Gianpiero mi dice che in realtà è già tanto quello che faccio ma io non riesco ad accettarlo. Per me la vita umana ha la stessa dignità e lo stesso diritto ad accedere alle cure indipendente dall’indirizzo o dal conto in banca che uno possiede. Lo trovo davvero ingiusto, ingiusto e triste! 
Vi racconto solo alcune delle storie meravigliose che ho vissuto. La signora Marta ad esempio, una signora di 50 anni che viene per una banale laringite. Parlando con lei mi racconta che le manca un piede, che il padre glielo ha amputato da bambina per mandarla a chiedere l’elemosina. Mi dice che la protesi che porta le permette di camminare ma le da tanto dolore e mi chiede se in Italia esistono protesi migliori. Certo che esistono, c’è solo il piccolo problema che costano troppo! Don Gianpiero mi diceva che come la signora Marta esistono tantissime altre persone con lo stesso problema. Sarebbe bello attivare un progetto che facesse arrivare qui protesi e ortopedici gratuitamente! Altro incontro meraviglioso è quello con il signor Salvador, un uomo di 65 anni costretto a portare un busto per tenersi dritto e con dolori lancinanti alla schiena. Fa il muratore e quando gli dico che la cosa più importante per lui sarebbe il riposo si mette a ridere e mi dice :” e che mangia la mia famiglia se io riposo? “. Molto spesso qui gli uomini sono costretti a lavorare fino alla fine della vita perché i datori di lavoro li sfruttano e non gli pagano i contributi. La pensione? Molti non sanno neanche cos’è. Il signor José invece è un paziente diabetico del tutto scompensato. Ha già un ulcera su un piede e dice di non vederci tanto bene. Gli aggiusto la terapia e gli dico di tornare spesso per misurare la glicemia e ottimizzare al massimo la terapia insulinica. Scoppia a piangere, mi abbraccia e mi dice:” grazie! Mai nessuno si era curato di me”. Concludo con la storia di marie grace, una ragazzina di 16 anni che viene per farmi vedere delle lesioni cutanee. Mi dice che ce la ha da sempre, che ha tentato varie terapie senza beneficio e che queste lesioni a periodi sembrano  migliorare, a periodi peggiorano. La visito e riconosco chiaramente le lesioni della psoriasi. Indagando di più sulla sua storia intuisco che forse può avere una malattia autoimmune e le dico che necessita di esami più specifici perché con le malattia autoimmuni non si scherza. La mamma mi scoppia a piangere in faccia. Non sa come pagare gli esami della figlia. Mi sono sentita un verme, stavo dando a quella ragazzina una notizia orribile senza poterla effettivamente aiutare a risolvere il problema. Questo è quello che intendo quando dico che è frustrante. 

Allo stesso tempo sembrerà strano ma mi sento fortunata, molto fortunata. In ogni abbraccio, in ogni carezza, in ogni lacrima che condivido con queste persone straordinarie io incontro Cristo e non ci sono parole per descrivere quello che si prova. È un privilegio e un onore per me dedicarmi a loro! 

Concludo con una frase del vangelo che è parte del padre nostro: dacci oggi il nostro pane quotidiano. Come spiegava padre Shiju nella sua omelia questa frase significa che il Signore conosce le necessità di ognuno e ad ognuno risponde dando ciò di cui necessita. Ebbene probabilmente questo viaggio è per me il mio pane quotidiano, ciò di cui davvero avevo bisogno in questo momento della mia vita.

Quindi grazie, grazie a te Signore per questo regalo bellissimo che mi stai facendo! 

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Causale per Giampiero Peten

Nella prossima mail vi darò un po’ di notizie delle attività che abbiamo svolto in questo mese…