Vi auguro un Buon Natale da pecorella nera…

 C’era una volta una pecora diversa da tutte le altre. Le pecore, si sa, sono bianche; lei invece era nera, nera come la pece.

Quando passava per i campi tutti la deridevano, perché in un gregge tutto bianco spiccava come una macchia di inchiostro su un lenzuolo bianco: “Guarda una pecora nera! Che animale originale; chi crede mai di essere?”. Anche le compagne pecore le gridavano dietro: “Pecora sbagliata, non sai che le pecore devono essere tutte uguali, tutte avvolte di bianca lana?”. La pecora nera non ne poteva più, quelle parole erano come pietre e non riusciva a digerirle.

E così decise di uscire dal gregge e andarsene sui monti, da sola: almeno là avrebbe potuto brucare in pace e riposarsi all’ombra dei pini. Ma nemmeno in montagna trovò pace. “Che vivere è questo? Sempre da sola!”, si diceva dopo che il sole tramontava e la notte arrivava.

Una sera, con la faccia tutta piena di lacrime, vide lontano una grotta illuminata da una debole luce. “Dormirò là dentro” e si mise a correre. Correva come se qualcuno la attirasse. “Chi sei?”, le domandò una voce appena fu entrata. “Sono una pecora che nessuno vuole: una pecora nera! Mi hanno buttata fuori dei gregge”.

“La stessa cosa è capitata a noi! Anche per noi non c’era posto con gli altri nell’albergo. Abbiamo dovuto ripararci qui, io Giuseppe e mia moglie Maria. Proprio qui ci è nato un bel bambino. Eccolo!”. La pecora nera era piena di gioia. Prima di tutte le altre poteva vedere il piccolo Gesù. “Avrà freddo; lasciate che mi metta vicino per riscaldarlo!”. Maria e Giuseppe risposero con un sorriso. La pecora si avvicinò stretta stretta al bambino e lo accarezzò con la sua lana.

Gesù si svegliò e le bisbigliò nell’orecchio: “Proprio per questo sono venuto: per le pecore smarrite!”. La pecora si mise a belare di felicità. Dal cielo gli angeli intonarono il “Gloria”.

Per primo Lui ha fatto esperienza di essere una pecorella nera rifiutata da tutti. Non c’era posto per lui nell’albergo. Gli uomini non lo hanno accolto. Una mangiatoia lo accolse, il Figlio dell’Altissimo ha trovato calore laddove le bestie mangiano il loro fieno. Solo le fasce con cui Maria lo aveva avvolto, appena nato, per scaldarlo. Natale! È la festa della non accoglienza di Dio da parte dell’uomo e dell’accoglienza dell’uomo da parte sua. Natale! compimento delle promesse di Dio, di quel Padre che vuole ridare dignità alla creatura che tradisce, uccide, violenta, genera ingiustizie e sofferenze, si fa uomo in noi per ridirci che la nostra vera identità è quella di essere come lui. Natale! Occasione per ricordarci di tutte le volte che con la nostra vita non accogliamo Dio e che lo releghiamo in un angolo buio. Natale! festa dei poveri. Dio nasce povero per ricordarci di incontrarlo in loro.

Lo spirito del Natale, della nascita di questo bambino, che è il nostro salvatore ha in sé la spinta verso la speranza proprio per i più poveri e sofferenti di corpo e d’anima. Il bambino Gesù da sempre è stato, e rimane, simbolo di una nuova vita, di una nuova umanità, di una nuova speranza. Non voglio fare facile poesia. Se ne è fatta fin troppa di poesia sul Natale. Si è trasformata la festa dell’incarnazione nel dominio del consumismo, del profano, del pretestuoso, dell’inutile. Lo sanno ormai tutti che ogni anno nel mondo muoiono per fame milioni di uomini.Tutti lo sanno, ma in realtà pochi lo capiscono fino in fondo. Io stesso, che partivo per queste zone, non ero preparato a quello che avrei incontrato. Qui l’ho capito quello che mi ripetevano, quando l’ho visto con i miei occhi. Dove sono io, la cosa è ancora più disgustosa. Vivono a distanza di pochi minuti, gente che può permettersi un Natale come il nostro in Europa e gente che festeggerà il Natale come tutti gli altri giorni, cioè con una “tortilla” di mais.

Questo santo Natale, ci spinga ad accogliere i poveri e gli utlimi e a risvegliare il loro ricordo nei nostri cuori a volte assopiti dal tram tram quotidiano. Cristo si fece povero, nacque in una mangiatoia puzzolente, accompagnato dagli odori di capre e pecore come “deodoranti salutari”. Rifiutato da tutte le locande della zona. Questo Natale sia occasione perchè nasca nel mio cuore più forte il desiderio di servire i più poveri, gi ultimi, le pecorelle nere e di interessarmi di loro, altrimenti, sarà solo un altro Natale, uno come tutti gli altri forse un Natale, “commuovente”, ricco di poesia, che mi lascierà bei ricordi per gli anni a venire, ma non sarà altro che un altro Natale. Lasciamoci contaggiare da questo bambino che nasce e porta la speranza di un mondo migliore, invitandoci ad essere i primi a collaborare.

Dio vi benedica. Vi auguro un Santo Natale

Don Giampiero

Un altro Natale è possibile:

ci può essere ancora un Buon Natale!

Con il Natale la vita vince nonostante tutto.

Ogni bimbo che nasce è il segno

che Dio non si è ancora stancato dell’umanità

(Tagore)

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Molti anni fa, talmente tanti che abbiamo ormai dimenticato la data precisa, viveva in un paese del sud del Brasile un bambino di sette anni, di nome José. Aveva perduto i genitori molto presto ed era stato adottato da una zia avara che, malgrado avesse molto denaro, per il nipote non spendeva quasi nulla. José, che non aveva mai conosciuto il significato dell’amore, pensava che la vita fosse proprio così, e non se ne addolorava.

Poiché vivevano in un quartiere di gente ricca, la zia obbligò il direttore della scuola ad accettare suo nipote, pagando solo un decimo della retta mensile e minacciando di protestare con il sindaco se non lo avesse fatto. Il direttore non ebbe scelta, ma ogni volta che poteva istruiva gli insegnanti affinché umiliassero José, sperando che il bambino si comportasse male e loro avessero un pretesto per espellerlo.

José, tuttavia, che non aveva mai conosciuto l’amore, pensava che la vita fosse proprio così, e non se ne addolorava. Arrivò la notte di Natale. Tutti gli alunni furono obbligati ad assistere alla messa in una chiesa distante dall’abitato, giacché il parroco locale si trovava in ferie. Strada facendo, i bambini e le bambine parlavano di quello che avrebbero trovato nelle calze l’indomani mattina: vestiti alla moda, giocattoli costosi, dolciumi, skateboard e biciclette. Erano tutti ben vestiti, come sempre accade nei giorni speciali, tranne José – che indossava sempre i suoi abiti malandati e i sandali consumati e piccoli per i suoi piedi (la zia glieli aveva comprati quando lui aveva quattro anni, dicendo che ne avrebbe ricevuto un altro paio solo quando avesse compiuto i dieci anni). Alcuni bambini gli domandarono perché fosse tanto miserabile e gli dissero che si vergognavano di avere un amico con degli abiti e delle scarpe così. Poiché José non conosceva l’amore, non si addolorava per quelle domande.

Quando entrò in chiesa, tuttavia, udì l’organo suonare, vide le luci tutte accese e la gente vestita con quanto aveva di meglio, le famiglie riunite, i genitori che abbracciavano i figli, e José si sentì la più miserabile delle creature. Dopo la comunione, invece di tornare a casa con il gruppo, si sedette sulla soglia della cappella e cominciò a piangere: anche se non conosceva l’amore, ora capiva che cosa significava ritrovarsi da solo e derelitto, abbandonato da tutti.

In quel momento, si accorse che accanto a sé c’era un bambino, scalzo, che sembrava altrettanto miserabile. Poiché non lo aveva visto prima, ne dedusse che doveva aver camminato molto per arrivare fin lì. Pensò: “Devono fargli molto male i piedi, a questo ragazzino. Gli darò uno dei miei sandali, così per lo meno allevierò metà della sua sofferenza.” Perché, malgrado non conoscesse l’amore, José conosceva la sofferenza e non desiderava che altri provassero la stessa cosa.

Lasciò al bambino uno dei sandali e tornò indietro con l’altro: se lo cambiava continuamente di piede, in modo da non ferirsi troppo con le pietre della strada. Appena arrivò a casa, la zia vide che il nipote aveva perduto uno dei sandali e lo minacciò: se non fosse riuscito a recuperarlo entro il mattino seguente, sarebbe stato castigato severamente. José andò a letto impaurito, poiché conosceva i castighi che la zia gli dava di tanto in tanto. Tremò tutta la notte, a stento riuscì a conciliare il sonno, e quando stava quasi per riuscire a addormentarsi, udì molte voci nel salotto. La zia irruppe nella sua camera, domandandogli che cosa era accaduto.

Ancora intontito, José andò nella sala e vide che il sandalo che aveva lasciato al bambino era lì in mezzo alla stanza, sommerso da giocattoli di ogni tipo, biciclette, skateboard, abiti. I vicini gridavano, dicendo che i loro figli erano stati derubati, che non avevano trovato niente nelle loro calze quando si erano svegliati. Fu in quel momento che il prete della chiesa in cui avevano assistito alla messa comparve ansimante: sulla soglia della cappella era apparsa la statua di un Gesù Bambino vestito d’oro, ma con ai piedi un solo sandalo.

Immediatamente, si fece silenzio: la comunità rese lodi a Dio e ai suoi miracoli, la zia scoppiò a piangere e chiese perdono. E il cuore di José fu pervaso dall’energia e dal significato dell’Amore.

Paulo Coelho