Testimonianza di Emanuela

10308565_808807769144555_8425121302140571686_nLa nostra famiglia si allarga sempre di più… in questi giorni abbiamo la fortuna di avere tra noi Emanuela Olmetto, una ragazza del movimento giovanile salesiano, laureata in medicina, che viene a stare con noi per un mesetto… spero sia la prima di una lunga serie di persone che vengano a condividere la nostra vita…
C’è una cosa che mi ha colpito parlando in questi giorni con lei… ad un certo punto mi ha chiesto se non mi demoralizzamo e se mi sentissi impotente difronte a tutto quello che lei vedeva… non ci avevo mai riflettuto, non ci avevo mai pensato. No, mi sento tutt’altro che impotente, io salvo tutti i giorni vite umane.

Vi allego i suoi primi pensieri dopo una settimana di permanenza con noi

Cari amici dell’animazione missionaria, 
come promesso vi scrivo per raccontarvi un po’ come sta andando la mia esperienza qui in Guatemala. Sono arrivata martedì e i primi giorni sono rimasta nella capitale per cercare di abituarmi al fuso (8 ore), cosa che si sta rivelando abbastanza difficile considerando che sono le 5 della mattina e mi ritrovo qui a scrivervi.
Nella capitale mi ha accolto una famiglia di amici di don Gianpiero,  persone davvero meravigliose che fin da subito mi hanno fatto sentire a casa. Il giorno dopo, quando don Gianpy è venuto a prendermi abbiamo passato la giornata insieme ai salesiani che vivono nella casa ispettoriale. Qui l’ispettoria è enorme e comprende tutti gli stati dell’America Centrale, un territorio immensamente grande se confrontato con la nostra piccolissima Italia Centrale. La capitale del Guatemala è una città che definirei ricca di contraddizioni: da una parte la povertà estrema,  con persone costrette a vivere in condizioni non dignitose e dall’altra il lusso sfrenato,  con centri commerciali che nulla hanno da togliere ai nostri in Europa. La delinquenza è all’ordine del giorno. Mi ha colpito vedere che tutte le persone in moto hanno l’obbligo di indossare una pettorina con sopra segnata la targa del veicolo. Non solo, al contrario di quanto dice la legge in Italia, i secondi passeggeri qui non possono indossare il casco pur essendo questo molto rischioso per la loro vita. Mi spiegava don Gianpiero che queste misure sono state adottate per rendere facilmente riconoscibili tutte le persone motorizzate visto che la maggior parte degli assassinii venivano compiuti proprio da sicari sulle moto.
I salesiani del l’ispettoria svolgono un lavoro davvero difficile. Da una parte hanno sulle loro spalle la gestione economica e amministrativa di tutta l’ispettoria,  dall’altra sempre cercano di ricavarsi un po’di spazio per dedicarsi alle attività pastorali. Il loro compito non è affatto facile se si considera anche che il cattolicesimo qui in Guatemala non è la religione principale anzi viene contrastato dalla presenza di moltissime sette religiose.
Gli oratori hanno dei campi grandissimi, purtroppo però sono aperti solo al fine settimana per la mancanza di animatori. I ragazzi tuttavia non mancano, anzi sono molto numerosi e usano partecipare a un’ora di catechesi prima di andare a giocare. Questa cosa l’ho trovata davvero molto interessante e mi piacerebbe molto se fosse applicata anche in Italia. 
Da ieri sono arrivata a San Benito, un piccolo paese situato nel Peten, il dipartimento più grande e più povero di tutto il Guatemala. Qui don Gianpiero con altri 2 salesiani svolge con amore ogni giorno la sua missione. Il paesaggio è meraviglioso, una selva verde naturale che lascia davvero a bocca aperta per la straordinaria bellezza. È però un paese davvero molto povero, dove non tutti hanno una casa e dove molte strade non sono neanche asfaltate. Alcuni bambini mangiano solo 1 pasto al giorno,  altri a giorni alterni, altri ancora sono costretti a rubare il cibo ai loro fratelli per poter sopravvivere. Qui i salesiani si prendono cura della parrocchia e di non so quante altre cappelle nel vilaggio. Gestiscono una clinica per poveri, l’oratorio, la catechesi dei ragazzi e degli adulti, la pastorale della donna,la pastorale giovanile e quella dei migranti. Detta così sembrerebbe necessario un esercito di preti, invece sono solo 3. Stando con don Gianpiero mi sono resa conto di quanto siamo egoisti in Italia, ci lamentiamo sempre che non abbiamo abbastanza sacerdoti senza renderci conto della grande ricchezza che possediamo. In Guatemala i preti non bastano davvero e molte persone si devono accontatare di una messa all’anno perché l’unico prete deve far fronte alle necessità di 80 comunità. Voglio raccontarvi adesso la prima esperienza forte che ho vissuto quaggiù. Ieri sera insieme ad un gruppo di parrocchiani siamo andati a distribuire il cibo ai familiari dei pazienti ricoverati nell’ospedale di San Benito. Queste persone infatti vengono da posti molto lontani e non hanno soldi per pagarsi da mangiare, quindi spesso per poter rimanere vicino ai loro cari digiunano per giorni interi. Ciò che ho visto mi ha davvero scioccato e ripensarci ancora adesso mi fa venire da piangere! Quello che qui definiscono ospedale è  una struttura fatiscente dove niente, e credetemi quando dico niente, rispetta la dignità delle persone. I pazienti sono ammassati in stanzoni sporchi e caldissimi. Tutti si auto accudiscono, abbandonati a loro stessi in letti senza materassi ne tanto meno lenzuola. Molti sono sporchi di sangue e spesso anche di urina e di feci. L’odore è nauseabondo. Don Gianpiero mi ha detto che il chirurgo dell’ospedale non ha finito gli esami del primo anno di medicina. Gli infermieri saranno in un tutto una decina per tutto l’ospedale. Le cartelle cliniche sono foglietti volanti dove viene appuntato il  solo nome del paziente e la medicina prescritta. Appena queste persone ci vedono, ci sorridono e ci benedicono per il nostro servizio. Sono affamate e il semplice latte con le brioche che gli offriamo li fa felici come i bambini la sera di Natale. Credo che personalmente non mi riprenderò mai da questa esperienza che ha suscitato in me tante emozioni forti e contrastanti. Da una parte la rabbia per una situazione così evidentemente ingiusta,  dall’altra la gioia di aver incontrato Cristo negli occhi e nelle mani di quelle persone meravigliose. 
Domani visitero’ la clinica dove come medico sono venuta a lavorare. Sicuramente sarà un’altra fantastica avventura che non mancherò di raccontarvi. 
Spero di non avervi annoiato! Vi saluto con una frase del vangelo che il Signore mi ha regalato durante la prima messa a cui ho partecipato arrivata qui: c’è più gioia nel dare che nel ricevere. Possano queste parole guidare le scelte che compiamo ogni giorno nella nostra vita.
Un abbraccio a tutti! 
Emanuela

Vi alego una storiella 
Una tempesta terribile si abbatté sul mare. Lame affilate di vento gelido trafiggevano l’acqua e la sollevavano in ondate gigantesche che si abbattevano sulla spiaggia come colpi di maglio, o come vomeri d’acciaio aravano il fondo marino scaraventando le piccole bestiole del fondo, i crostacei e i piccoli molluschi, a decine di metri dal bordo del mare.
Quando la tempesta passò, rapida come era arrivata, l’acqua si placò e si ritirò. Ora la spiaggia era una distesa di fango in cui si contorcevano nell’agonia migliaia e migliaia di stelle marine. Erano tante che la spiaggia sembrava colorata di rosa.
Il fenomeno richiamò molta gente da tutte le parti della costa. Arrivarono anche delle troupe televisive per fllmare lo strano fenomeno. Le stelle marine erano quasi immobili. Stavano morendo.
Tra la gente, tenuto per mano dal papà, c’era anche un bambino che fissava con gli occhi pieni di tristezza le piccole stelle di mare. Tutti stavano a guardare e nessuno faceva niente.
All’improvviso, il bambino lasciò la mano del papà, si tolse le scarpe e le calze e corse sulla spiaggia. Si chinò, raccolse con le piccole mani tre piccole stelle del mare e, sempre correndo, le portò nell’acqua. Poi tornò indietro e ripeté l’operazione.
Dalla balaustrata di cemento, un uomo lo chiamò.
“Ma che fai, ragazzino?”.
“Ributto in mare le stelle marine. Altrimenti muoiono tutte sulla spiaggia” rispose il bambino senza smettere di correre.
“Ma ci sono migliaia di stelle marine su questa spiaggia: non puoi certo salvarle tutte. Sono troppe!” gridò l’uomo.
“E questo succede su centinaia di altre spiagge lungo la costa! Non puoi cambiare le cose!”.
Il bambino sorrise, si chinò a raccogliere un’altra stella di mare e gettandola in acqua rispose: “Ho cambiato le cose per questa qui”.
L’uomo rimase un attimo in silenzio, poi si chinò, si tolse scarpe e calze e scese in spiaggia. Cominciò a raccogliere stelle marine e a buttarle in acqua. Un istante dopo scesero due ragazze ed erano in quattro a buttare stelle marine nell’acqua. Qualche minuto dopo erano in cinquanta, poi cento, duecento, migliaia di persone che buttavano stelle di mare nell’acqua.
Così furono salvate tutte.
Un abbraccio a tutti
Don Giampy