Testimonianza di Chiara Profeti

Venuta per stare qui un mese, dopo un’altra esperienza di missione in Messico. Chiara Profeti ha poi deciso di fermarsi per oltre due mesi con noi. A quanto pare, ci si affeziona rapidamente alla nostra opera e non si vuole più andare via… Vi riporto la sua testimonianza dell’esperienza, che Lunedì prossimo lascia la nostra missione. Noi l’accompagniamo con la preghiera

13241270_1241125375912790_1129198335543517682_nMi chiamo Chiara ho 23 anni e sono Italiana,

Desidero raccontarvi quello che sono stati per me questi due mesi qui a San Benito Peten.

C´è tanta allegria nel cuore e un po’ di tristezza perché ormai sono arrivata alla conclusione di quella che è stata una magnifica esperienza, che voglio condividere, con l´augurio di poter accendere una scintilla di sana inquietudine che vi possa spingere qualcuno a voler provare almeno un po’ di questa vita per gli altri, sicuramente dura e scomoda, ma bellissima!

Di sicuro il primo impatto arrivando a San Benito non può essere dei migliori, quando ti trovi immersa in un agglomerato di case di lamina e cemento sempre insistentemente riscaldate dai cuocenti 40 gradi Peteneri, ma devo dire che arrivando il lunedì della settimana santa non c’è stato modo di soffermarsi più di tanto su questi particolari, perché insieme ad altri due ragazzi siamo stati mandati in un villaggio vicino a San Benito, Cobanerita, dove è ancora forte la cultura quetchí , indigena , per aiutare con le celebrazioni della settimana Santa.

Nonostante le differenze culturali non fu difficile entrare nella vita e nelle abitudini del villaggio, che ci accolsero e ospitarono con tanta spontaneità e gentilezza di cui noi diffidenti europei non siamo molto capaci.

Dopo la settimana santa c´era da immergersi nella realtà di San Benito, ben differente da quella del villaggio, ma anche qui non fu difficile trovare come occupare il tempo perché se sei provvisto di elasticità e voglia di fare di attività e iniziative ce ne sono per tutti.

Così mi sono ritrovata a fare cose che non avevo mai fatto, come aiutare nella clinica parrocchiale, perché anche se la sanità non è proprio il mio campo distribuendo farmaci e appuntando pazienti, ho imparato molto.

Cose che mi costava e mi faceva male vedere, andando all´ospedale pubblico di san Benito che è l´unico per tutta la regione del Peten, distribuivamo una bevanda energizzante e un pane per la gente che sta ricoverata per giorni o settimane lì dentro, alcuni abbandonati, e che venendo da lontano non si possono permettere di comprare molto cibo. Mi faceva molto male vedere quei malati alcuni dormire nei corridoi in lenzuola e condizioni di forte disagio, alcuni accompagnati da una persona cara che dormiva al loro fianco in terra su un pezzo di cartone. Ancora più duro era andare in pediatria e vedere bambini abbandonati li senza nessuno, bambini denutriti perché qui soffrono ancora la fame, e io che di cibo ne ho sempre avuto in abbondanza da poterlo buttare come potevo immaginare che dall´altra parte del mondo ci sono ancora bambini che nel 2016 possono morire di fameɂ

Però fa bene aprire gli occhi, e anche se eravamo perfettamente coscienti che con un pane non potevamo risolvere i loro problemi sapevamo che tutti i martedì e i sabati, loro ci aspettavano, per quel piccolo istante di consolazione.

Infine poter stare con i giovani di quaggiù è stato un grande regalo, l´oratorio i mille gruppi che ci sono per i giovani di tutte le età penso che sia la opera più importante di San Benito, perché in un posto come questo le strade in cui si può inciampare hanno un prezzo molto alto da pagare, bande di giovani delinquenti che assaltano e uccidono a sangue freddo, piccoli narcotrafficanti e alcolizzati, violenze sessuali, sono solo alcune delle opzioni che un ragazzo di quaggiù più frequentemente sceglie, per questo penso che l´opera salesiana per in giovani quaggiù sia di vitale importanza , perché come in tutto il mondo anche qui i ragazzi sono un tesoro e una perla preziosa, che io ho avuto la gioia di scoprire stando con loro questi due mesi, condividendo e lavorando insieme nelle mille attività che hanno riempito le mie giornate, campeggi ,spettacoli, tornei, ritiri, riunioni.

Questi ragazzi come anche la gente di quaggiù mi hanno aperto il loro cuore e le loro case, e per me è stato facile volergli bene, perché se c´è una cosa che non manca a San Benito è il calore, ma soprattutto il calore umano! E forse è per questo che nonostante tutti i problemi che possa avere questa città, lasci qui almeno un pezzo di cuore e resta la voglia di ritornare. Pensavo di venire ad aiutare ma come sempre scopro di andarmene con molto più di quello che io ho dato, la generosità di questa gente mi ha spiazzato, e sento di dover ringraziare i padri con cui ho vissuto che mi hanno accolto indicato e sopportato con pazienza, ma soprattutto ringrazio il Signore per avermi fatto il dono di mettere San Benito nel mio cammino.

Un abbraccione a tutti

Don Giampiero